Le fortezze dell’Alta Valle di Susa: Il Forte di Exilles

Abstract

Le nostre montagne sono state profondamente trasformate dalle opere che i militari hanno realizzato nel corso dei secoli: strade, castelli, caserme, reticolati, trinceramenti ed in particolare fortezze, che rappresentano oggi la testimonianza più voluminosa di un passato decisamente turbolento.
Proviamo allora a visitarne alcune, prima in modo virtuale dando un’occhiata alla loro storia ed alle loro caratteristiche principali, poi arrivandoci davvero con gli itinerari proposti nella seconda parte del capitolo.




 

Il Forte di Exilles

La presenza di fortificazioni sul rilievo che sbarra la valle poco ad Est di Exilles è senza dubbio antica:  si parla infatti di un castelliere celtico o di una torre romana, anche se i dati a supporto di queste ipotesi sono tutt’altro che certi.

Notizie più sicure sulla presenza di una torre ad Exilles risalgono alle “Cronache della Novalesa” del 773; nel 1155 un altro documento attesta che gli Albon, la famiglia che unificherà il Delfinato, possedevano in loco un castello.

Da una descrizione più tarda l’edificio risultava essere una massiccia costruzione dotata di due torri cilindriche, in grado di resistere a lunghi assedi grazie anche a forni, stalle e cisterne per l’acqua presenti al suo interno; facendo parte del Delfinato esso ricadeva al di fuori della giurisdizione sabauda, limitata in quegli anni alla bassa valle.

Dai Delfini il castello passò ai re di Francia e, trovandosi proprio sul confine tra i loro possedimenti e le terre dei Savoia, continuò per secoli ad essere protagonista di importanti  episodi bellici.

I piemontesi riuscirono ad espugnarlo in due occasioni: la prima volta nel corso delle guerre di religione, quando riuscirono a tenere la piazza tra il 1593 ed il 1595, la seconda nel 1708, anno in cui fu conquistato dalle truppe di Vittorio Amedeo II.

Nel 1713 con il Trattato di Utrecht il confine franco-sabaudo in alta Valsusa venne  spostato sullo spartiacque principale della catena alpina, e da allora Exilles seguirà i destini del resto del Piemonte. 

Nel corso dei secoli l’edificio subì una costante evoluzione per restare al passo con i progressi della tecnologia bellica: gli ingegneri militari che vi operarono, tra i quali anche il celebre Vauban, aggiunsero gradualmente  bastioni, terrapieni, casematte e fossati in modo da renderlo sempre più efficace.

Radicali furono in particolare le trasformazioni effettuate tra il 1728 ed il 1733 sotto la direzione di Ignazio Bertola, forse il più noto degli ingegneri militari sabaudi; il forte fu inoltre validamente affiancato da fortificazioni minori per impedire al nemico di occupare posizioni adatte a batterlo con tiri dall’alto.

Di tutto questo lavorio oggi non rimane traccia: a seguito delle vittorie napoleoniche e della temporanea annessione del Piemonte alla Francia l’edificio fu infatti totalmente distrutto alla fine del Settecento.

Con la restaurazione il forte fu inizialmente ricostruito in modo abbastanza fedele al modello settecentesco per poi essere integrato con nuove opere più adatte a resistere alle artiglierie dell’epoca, che erano ormai del tipo a retrocarica e a canna rigata.

Durante il periodo triplicista furono costruite altre opere difensive sui fianchi della valle; in particolare i forti Sapè e di Fenils dovevano proteggere il forte principale da una posizione più  avanzata, intermedia tra Exilles e Salbertrand.

La prima guerra mondiale vide il definitivo disarmo del forte; l’edificio fu usato prima  come campo di prigionia destinato ai militari austriaci e poi come caserma degli alpini.

Con l’8 settembre fu abbandonato e dopo la guerra venne ufficialmente dismesso dall’esercito; nel 1978 l’edificio venne acquisito dalla Regione Piemonte, che dopo accurati lavori di recupero strutturale ha allestito al suo interno un interessantissimo museo.

 

 

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